Stories from the Italian Poets: with Lives of the Writers, Volume 2 eBook

This eBook from the Gutenberg Project consists of approximately 394 pages of information about Stories from the Italian Poets.

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  Non son, non sono io quel che paio in viso;
    Quel, ch’era Orlando, e morto, et e sotterra;
  La sua donna ingratissima l’ha ucciso;
    Si, mancando di fe, gli ha fatto guerra. 
  Io son lo spirito suo da lui diviso,
    Ch’in questo inferno tormentandosi erra,
  Accio con l’ombra sia, che sola avanza,
  Esempio a chi in amor pone speranza.

  Pel bosco erro tutta la notte il Conte;
    E allo spuntar della diurna fiamma
  Lo torno il suo destin sopra la fonte,
    Dove Medoro insculse l’epigramma. 
  Veder l’ingiuria sua scritta nel monte
    L’accese si, ch’in lui non resto dramma
  Che non fosse odio, rabbia, ira e furore;
  Ne piu indugio, che trasse il brando fuore.

  Taglio lo scritto e ’l sasso, e sin al cielo
    A volo alzar fe’le minute schegge. 
  Infelice quell’antro, et ogni stelo
    In cui Medoro e Angelica si legge! 
  Cosi restar quel di, ch’ombra ne gielo
    A pastor mai non daran piu, ne a gregge: 
  E quella fonte gia si chiara e pura,
  Da cotanta ira fu poco sicura: 

  Che rami, e ceppi, e tronchi, e sassi, e zolle
    Non cesso di gittar ne le bell’onde,
  Fin che da sommo ad imo si turbolle
    Che non furo mai piu chiare ne monde;
  E stanco al fin, e, al fin di sudor molle,
    Poi che la lena vinta non risponde
  Allo sdegno, al grave odio, all’ardente ira,
  Cade sul prato, e verso il ciel sospira.

  Afflitto e stanco al fin cade ne l’erba,
    E ficca gli occhi al cielo, e non fa motto;
  Senza cibo e dormir cosi si serba,
    Che ’l sole esce tre volte, e torna sotto. 
  Di crescer non cesso la pena acerba,
    Che fuor del senno al fin l’ebbe condotto. 
  Il quarto di, da gran furor commosso,
  E maglic e piastre si straccio di dosso.

  Qui riman l’elmo, e la riman lo scudo;
    Lontan gli arnesi, e piu lontan l’usbergo
  L’arme sue tutte, in somma vi concludo,
    Avean pel bosco differente albergo. 
  E poi si squarcio i panni, e mostro ignudo
    L’ispido ventre, e tutto ’l petto e ’l tergo;
  E comincio la gran follia, si orrenda,
  Che de la piu non sara mai ch’intenda.

  In tanta rabbia, in tanto furor venne,
    Che rimase offuscato in ogni senso. 
  Di tor la spada in man non gli sovvenne,
    Che fatte avria mirabil cose, penso. 
  Ma ne quella ne scure ne bipenne
    Era bisogno al suo vigore immenso. 
  Quivi fe’ ben de le sue prove eccelse;
  Ch’un alto pine al primo crollo svelse;

  E svelse dopo il primo altri parecchi,
    Come tosser finocchi, ebuli o aneti;
  E fe’ il simil di querce e d’olmi vecchi,
    Di faggi e d’ orni e d’ illici a d’ abeti;
  Quel ch’un uccellator, the s’apparecchi
    Il campo mondo, fa, per por le reti,
  De i giunchi e de le stoppie e de l’urtiche,
  Facchi de cerri e d’ altre piante antiche.

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