Il Re Agrican, che ardeva oltre misura,
Non puote tal risposta comportare;
Benche sia ’l mezzo de la notte
scura,
Prese Bajardo e su v’
ebbe a montare,
Ed orgoglioso, con vista sicura,
Isgrida al Conte, ed ebbel
a sfidare,
Dicendo: Cavalier, la dama gaglia
Lasciar convienti, o far meco battaglia.
Era gia il Conte in su l’ arcion
salito,
Perche, come si mosse il Re
possente,
Temendo dal Pagan esser tradito,
Salto sopra ’l destrier
subitamente;
Onde rispose con animo ardito:
Lasciar colei non posso per
niente;
E s’io potess, ancora io non vorria;
Avertela convien per altra via.
Come in mar la tempesta a gran fortuna,
Cominciarno l’ assalto
i cavalieri
Nel verde prato, per la notte bruna,
Con sproni urtarno addosso
i buon destrieri;
E si scorgeano al lume de la luna,
Dandosi colpi dispietati e
fieri,
Ch’ era ciascun difor forte ed ardito
Ma piu non dico; il Canto e qui finito.
ARIOSTO.
Seguon gli Scotti ove la guida loro
Per l’alta selva alto
disdegno mena,
Poi che lasciato ha l’uno e l’altro
Moro,
L’un morto in tutto,
e l’altro vivo a pena.
Giacque gran pezzo il giovine Medoro,
Spicciando il sangue da si
larga vena,
Che di sua vita al fin saria venuto,
Se non sopravenia chi gli die aiuto.
Gli sopravenne a caso una donzella,
Avvolta in pastorale et umil
veste,
Ma di real presenzia, e in viso bella,
D’alte maniere e accortamente
oneste.
Tanto e ch’io non ne dissi piu novella,
Ch’a pena riconoscer
la dovreste;
Questa, se non sapete, Angelica era,
Del gran Can del Catai la figlia altiera.
Poi che ’l suo annello Angelica
riebbe,
Di the Brunel l’avea
tenuta priva,
In tanto fasto, in tanto orgoglio crebbe,
Ch’esser parea di tutto
’l mondo schiva:
Se ne va sola, e non si degnerebbe
Compagno aver qual piu famoso
viva;
Si sdegna a rimembrar the gia suo amante
Abbia Orlando nomato, o Sacripante.
E, sopra ogn’altro error, via piu
pentita
Era del ben che gia a Rinaldo
volse.
Troppo parendole essersi avvilita,
Ch’a riguardar si basso
gli occhi volse.
Tant’arroganzia avendo Amor sentita,
Piu lungamente comportar non
volse.
Dove giacea Medor, si pose al varco,
E l’aspetto, posto lo strale all’arco.
Quando Angelica vide il giovinetto
Languir ferito, assai vicino
a morte,
Che del suo Re che giacea senza tetto,
Piu che del proprio mal, si
dolea forte,
Insolita pietade in mezo al petto
Si senti entrar per disusate
porte,
Che le fe’ il duro cor tenero e
molle;
E piu quando il suo caso egli narrolle.